Corlazzo (o Corlazio) è una delle numerose frazioni che compongono il paese di Traona.

Essendo la più distante dal centro storico, conserva buone testimonianze di carattere storico naturalistico e ha mantenuto la struttura di un antico borgo rurale di campagna.

Posizione geografica

La posizione geografica è invidiabile: si trova sulla soleggiata Costiera dei Cech, sul versante delle Alpi Retiche, di fronte alle Prealpi Orobiche. Da Corlazzo si gode di un’ottima vista sulla città di Morbegno, sul fiume Bitto, sulla Val Gerola, sulla valle di Albaredo e sull’antica Via Priula che, collegando la provincia di Sondrio con Bergamo, anticamente era un’importante via per i commercianti che dalla vicina Svizzera volevano raggiungere la Repubblica Veneziana.

Da Corlazzo si può osservare tutta la sponda orobica da Talamona fino al Lago di Como. Questo nucleo di antiche case era già abitato nel Seicento da persone del Comune di Traona che qui vivevano stabilmente. Numerose erano anche le famiglie che, provenienti anche da altri paesi della Costiera, praticavano la transumanza e si trasferivano a Corlazzo solo temporaneamente nelle seconde case, in base alle necessità lavorative della terra e per coltivare i vigneti di loro proprietà.

Attività economiche

In passato una delle principali attività economiche praticate nella zona era l’agricoltura, in particolare la lavorazione della vite e la produzione del vino, come testimoniano i numerosi terrazzamenti a vigneti che ancora oggi caratterizzano il paesaggio di Traona.

La famiglia proprietaria del torchio lo metteva a disposizione anche alle famiglie che lavoravano le vigne vicine ma che erano prive di un attrezzo così grande e costoso. La torchiatura era vista sia come momento di lavoro collettivo che come momento di svago e socializzazione. Era usuale durante quel periodo che le famiglie non solo portassero al torchio l’uva per essere torchiata, ma anche che si radunassero nel grande locale per aiutarsi a vicenda e per mangiare in compagnia spuntini a base di formaggi e insaccati e per bere allegramente tutti insieme, come in una grande festa.

Il vino era anche utilizzato come merce di scambio per retribuire il proprietario per l’utilizzo del torchio. Le vinacce non venivano certo buttate, ma erano vendute ai produttori di grappa.

La storia del torchio

Con il termine torchio (in dialetto: el torc) si intende lo strumento per torchiare l’uva e l’edificio che lo contiene. Si tratta di un locale rustico molto lungo e alto, costruito appositamente per contenere questo enorme macchinario utilizzato per la torchiatura delle vinacce e la produzione del vino.

L’antico torchio di Corlazzo è stato realizzato nel ‘600 da un antenato degli attuali proprietari proveniente dalla Valsassina. Sul tronco principale del torchio è visibile una data seicentesca e il nome della famiglia anche se non chiaramente leggibili. Si ha poi notizia di una ristrutturazione nel Settecento.

Il torchio veniva usato non solo dai proprietari, ma anche da altri privati che se ne servivano in cambio di una ricompensa. La torchiatura avveniva a turni e in continuazione; nei periodi di maggiore attività si lavorava anche di notte a lume di candela, per mancanza di elettricità.

Alcuni proprietari del torchio erano membri delle famiglie Coretti di Caspano, Pensa e Lorenzoni di Traona, ultimi proprietari. Il torchio venne utilizzato a pieno ritmo circa fino al 1970, nonostante fosse uno strumento già superato da diversi decenni. In seguito, è stato donato dall’ultimo proprietario al Comune di Traona che insieme alla Comunità Montana si è impegnato nel recupero e nella valorizzazione di questo bene artistico-culturale e storico.

Il torchio

Il torchio dal punto di vista strutturale è composto da un fascio di tronchi orizzontali molto grossi di castagno lunghi circa 12 metri e legati insieme da una serie di cerchiature metalliche. Sui tronchi verticali sono presenti delle fessure dove venivano inseriti dei travetti durante le fasi di torchiatura; questa struttura si chiama castello. Ad un’estremità è presente una notevole vite di legno di noce incastrata in un grosso masso di granito di forma pressoché cilindrica (in dialetto: la preda) posta in una buca ricavata nel pavimento.

Nell’altra estremità si trova invece il tavolaccio dove venivano appoggiate le vinacce che venivano schiacciate per la produzione del vino. Il pavimento è costituito da un accurato acciottolato. Sono presenti, inoltre, attrezzi donati da contadini della zona e utilizzati nella viticoltura come la brenta di legno, una botte e un torchio più recente.

Il funzionamento del torchio

Un gruppo composto da numerose persone faceva girare la vite di legno di noce mediante le apposite aste inserite nella vite stessa fino a quando il fascio di travi era completamente sollevato.

Sul tavolaccio si posizionavano le vinacce e si faceva ruotare la vite in senso inverso fino a quando le travi venivano riportate in posizione orizzontale. Le vinacce presenti sul tavolaccio venivano schiacciate e dalle scanalature presenti scendeva il vino che veniva raccolto in grandi secchi di legno (in dialetto: el segiun).

Invertendo la rotazione della vite si risollevava il fascio di travi, le vinacce anche con l’utilizzo di un’ascia venivano spezzettate, sistemate con idonei attrezzi come forche o tridenti e la torchiatura continuava. Quando le travi tornavano in posizione orizzontale il masso di base (in dialetto: la preda) si sollevava e il suo peso dava notevole contributo alla pigiatura.

Due aperture poste nella parte superiore testimoniano la presenza di un altro locale al piano superiore, in passato utilizzato come essiccatoio delle castagne.

  • BIBLIOGRAFIA:
  • Giornate Fai di Primavera 2017, Istituto Comprensivo di Traona, Comune di Traona, Polaris Sondrio, 2018