Scarso è il patrimonio attestante la “romanità” della Valtellina.
Si suole dare importanza ai due massi-avelli di S. Giorgio di Cola sopra Novate Mezzola e ad uno di Berbenno: s’aggiunse recentemente la scoperta dell’avello-sepolcro di Traona.
Durante uno sterro nel cortile del municipio, nel 1986, si ebbe la sorpresa di scoprire alla superficie di una distesa massa rocciosa, un perfetto esemplare di avello: lunghezza m 1,90, larghezza cm 85 e profondità cm 51. Le estremità sono semicircolari, come quelle di tanti altri esemplari.
La posizione del sepolcro è leggermente inclinata verso il sole di mezzogiorno. Possiede orlatura di circa cm 14, atta a distinguere il sepolcro dalla restante roccia. La superficie dell’orlatura è ben levigata, capace di ricevere il pesante coperchio, di cui però non è stata trovata traccia.
Le parati interne solo lavorate a scalpello medio, cioè non levigate, ma non in modo grossolano. Il fondo vascolare presenta un significativo particolare: nella parte superiore si staglia un rialzo di circa 5 cm, disposto a mo’ di cuscino. Il particolare era d’uso, si ripete negli esemplari sparsi non solo nell’antica provincia e diocesi di Como, ma bensì in altre regioni. Il fatto può dimostrare che tale abitudine contrassegni una determinata epoca.
L’avello nella parte inferiore presenta un foro, segno evidente che, in prosieguo di tempo, venne adibito ad abbeveratoio per bestiame minore. Pertanto, il foro indicherebbe il necessario scarico per la ripulitura.
L’Epoca
A questo punto vien d’obbligo chiedersi in quale tempo venne inciso l’avello. Fino all’inizio di questo secolo, gli studiosi furono propensi a far risalire tali manufatti ad epoche preistoriche. In questi ultimi tempi gli esperti in materia, mediante un più accurato studio analitico, concordano invece nello stabilire un tempo che va dalla tarda romanità all’epoca barbarica (dal IV° al V° secolo dell’era nostra).
Spunto storico
Gli avelli-tomba arrivano a noi dai lontani secoli non sotto l’aspetto di una fossa scavata nella nuda terra, segno abituale per la gente comune, ma di un sarcofago, pregiato o meno, preparato per l’occasione. Nel vicino territorio comasco sono numerosi questi esemplari e quasi tutti scavati in grossi macigni erranti (o trovanti) disseminati, come è noto, un po’ ovunque all’esaurirsi dell’ultima glaciazione, parecchi millenni or sono.
Gli esemplari fin ora conosciuti nelle vallate dell’Adda o della Mera sono invece pochi col particolare d’essere scavati in un’affiorante roccia, per cui si è soliti distinguerli come avelli-rupestri. Quello di Traona appartiene a questa classe.
Fonte: Martino Fattarelli, Corriere della Valtellina del 20/09/1986